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Di tutte le arti, scrive James Wood, uno dei più importanti critici letterari del nostro tempo, solo la narrativa possiede la capacità straordinaria di delineare la forma delle nostre vite e di salvarne la trama dalla morte e dall'oblio storico. L'atto di leggere è quindi la più sacra e personale delle attività, capace di creare legami sempre diversi tra realtà e letteratura. In questo saggio, che mescola sapientemente critica letteraria ricordi autobiografici, Wood ripercorre la sua formazione di ragazzo inglese cresciuto in provincia, in un fervente contesto religioso, e la gioia segreta delle letture d'infanzia intrecciando i suoi ricordi con un'analisi intensa e originale del "Fiore azzurro" di Penelope Fitzgerald; condivide episodi del suo passato, che, attraverso le trasformazioni operate dalla memoria, esplodono in frammenti indipendenti e diventano entità a se stanti, dal valore universale, come nel racconto di Cechov "Un bacio"; riconosce nella nostalgia per la sua terra, la Gran Bretagna, lasciata oltre vent'anni fa per gli Stati Uniti, i sentimenti suscitati dall'esilio e dall'erraticità che emergono dal romanzo "Gli emigrati" di W.G. Sebald. "La cosa più vicina alla vita" è una fusione di critica letteraria e autobiografia, una lezione sui legami che intercorrono tra vita e libri, un racconto personale che incarna la feconda cospirazione tra lettore e scrittore - e critico - e che ci invita a riconsiderare tutto quello che entra in gioco quando leggiamo un romanzo.